SATELLITI STARLINK: IL PRINCIPALE IFO DEL 2020

Il progetto Starlink della società Space-X di Elon Musk prevede la messa in orbita di 12.000 satelliti di piccole dimensioni che forniranno una connessione Internet a banda larga a livello globale. Il dispiegamento dell’intera flotta sarà realizzato con lanci ad intervalli regolari di gruppi di alcune decine di satelliti. займ на карту маэстро мгновенно круглосуточно без отказа с плохой ки

I satelliti, portati all’altezza di circa 450 chilometri da un razzo Falcon, vengono progressivamente rilasciati dal vettore andando a formare un “treno” di 50/60 oggetti resi luminosi dal riflesso del sole sui pannelli solari, come accade per altri satelliti o per la ISS.

I satelliti si portano poi ad una quota superiore (550 chilometri) e si vanno a sistemare nella loro posizione prestabilita e quindi in poco tempo il “treno” di luci non è più visibile.

Il primo lancio di 60 satelliti è stato effettuato il 24 maggio 2019 e l’ultimo finora, il sedicesimo, il 25 novembre 2020 per un totale ad oggi di 901 satelliti in orbita.

La sequenza di luci ben allineate transita con una frequenza di 90/100 minuti e impiega alcuni minuti per attraversare il campo visivo di chi li osserva da terra.

In diverse occasioni il passaggio del treno di luci ha causato curiosità e generato delle segnalazioni ufologiche come nel caso delle numerose osservazioni avvenute nella primavera 2020.

E’ possibile controllare le date e le orbite dei satelliti Starlink in diversi siti di osservazione celeste quali ad esempio Find Starlink

Come “funziona” il rientro nell’atmosfera della spazzatura spaziale? Un caso analizzato dall’astrofilo Marco Langbroek

Marco Langbroek è un archeologo e astrofilo olandese. In quest’ultimo ambito si è specializzato nella ricerca, identificazione e documentazione dei satelliti-spia, della scoperta degli asteroidi e dei rientri di satelliti, velivoli spaziali o di parti di essi.

Per questo, più volte si è trovato ad occuparsi di riprese di oggetti di difficile identificazione, di bolidi vistosi e di altri eventi che possono dare origine a segnalazioni di tipo ufologico. E’ ormai ben noto agli studiosi di ufologia di orientamento scientifico.

Si possono seguire gli sviluppi dei suoi studi sia su un blog, sia su Twitter.

Su questo sito ci eravamo occupati più volte, ad esempio per un evento americano del luglio 2016 di cose analoghe a quelle che Langbroek [nella foto in evidenza, tratta dal suo account Twitter] predilige.

Di recente Langbroek ha fornito un’analisi molto interessante degli avvistamenti di un rientro atmosferico di spazzatura spaziale, quello avvenuto il 27 maggio 2017 sull’Atlantico meridionale e dovuto al booster di un razzo cinese tipo “Chang Zeng” 4B che nell’agosto di tre anni fa aveva messo in orbita un satellite polcacco e uno cinese.

Il suo studio permette di comprendere in dettaglio la dinamica delle caratteristiche fenomeniche di questi eventi, sovente complesse per durata e per manifestazioni collaterali.

In particolare, è da notare che a un evento che ha generato segnalazioni ufologiche (compresa quella di un pilota di linea olandese) per la prima volta ad opera di Langbroek è stato applicato un modello per i casi di rientro atmosferico derivato dal GMAT (General Mission Analysis Tool), un sistema di analisi sviluppato dalla NASA e da imprese private allo scopo di studiare ed ottimizzare le traiettorie dei velivoli spaziali e, più in generale, le caratteristiche di moto degli oggetti di questo genere.

Lo stesso aveva fatto per conto suo un altro ricercatore impegnato nell’inseguimento ottico dei satelliti, l’astrofilo canadese Ted Molczan, fornendo un interessante esempio di verifica incrociata fatta l’uno all’insaputa dell’altro. Sempre di più, Molczan e i suoi lavori stanno diventato punto di riferimento per gli ufologi di orientamento scientifico.

Uno strano oggetto in un bosco… 55 anni dopo

Alla fine di luglio, una notizia proveniente dal Canada ha riportato all’attenzione sia gli anni della prima Guerra Fredda fra blocco comunista e quello occidentale, sia una delle cause per un certo numero di avvistamenti UFO – anche fra quelli classici – avvenuti nel periodo che va fra il 1948 e i primi anni anni ’60 del secolo scorso.

La stampa canadese ha spiegato che, dopo tanti anni, i McPherson, una famiglia di Moncton, nella provincia del New Brunswick, erano riusciti a risalire all’origine del ritrovamento di una grande, misteriosa “capsula” caduta fra i rami di un albero presso monte Lutes, una quindicina di chilometri a nord di Moncton.

Si trattava di un oggetto metallico pesante 181 kg, dotato di grandi lenti, dall’aspetto palesemente “spaziale”. Portato alla fattoria dei McPherson e soggetto alla curiosità locale, fu preso in consegna prima dalla Polizia a cavallo e poi dall’esercito.

I sospetti e le recriminazioni negli anni successivi furono alimentati da un paio di richieste di notizie sulla natura dell’oggetto da loro recuperato respinte dalle Forze armate.

Ora i McPherson sono soddisfatti: la declassificazione di alcuni documenti d’archivio della CIA ha chiarito in via definitiva all’intera cittadina canadese ciò che agli occhi dello storico era già prima altamente plausibile. Quella “capsula” in realtà era il complesso fotografico per ricognizione strategica di un pallone operante ad altissima quota, parte del Programma Genetrix dello Strategic Air Command (SAC) statunitense, programma rivolto ad aumentare le capacità di intelligence aerea sull’Unione Sovietica e sui suoi paesi satellite.

Il Programma Genetrix è da considerarsi il culmine qualitativo dell’impiego di palloni stratosferici a fini di ricognizione militare: esso prende le mosse nell’autunno del 1947, con il primo lancio dello Skyhook e prosegue per tutto il decennio successivo (Progetti Mogul, Moby Dick, ecc.), a volte usando come copertura l’impiego scientifico di quegli enormi aerostati.

L’uso dei palloni stratosferici per scopi di intelligence cominciò a declinare a partire dal 1956, quando gli Stati Uniti introdussero l’aereo da ricognizione U-2 e, anni dopo, l’ineguagliato SR-71 Blackbird. Lo sviluppo della ricognizione via satellite fece il resto.

Per restare a un esempio italiano di avvistamenti UFO di quegli anni probabilmente dovuti a cause di questo tipo, si possono menzionare le osservazioni che furono fatte il 28 gennaio 1956 su tutta la Puglia. E’ altamente probabile che quegli episodi fossero dovuti ad un’ondata di lanci di Genetrix fatta dall’aeroporto militare di Giebelstadt, nel sud della Germania.

Oggi l’uso a fini militari dei palloni stratosferici è scomparso e quello scientifico ha perso gran parte della sua importanza. Sotto il profilo dell’indagine dei casi ufologici, è assai più probabile che siano scambiati per UFO aerostati di grandi dimensioni come le mongolfiere, oggi sempre più tecnicamente sofisticate, dalle forme improbabili e dotate di superfici altamente riflettenti.

Un bellissimo esempio di questo tipo è costituito dalle osservazioni che il 20 settembre 2016 interessarono una parte non piccola del territorio italiano.

[Nell’immagine in evidenza: uno dei primi lanci operativi del Programma Genetrix, il 10 gennaio 1956. Fonte: account Twitter del “National Reconnaissance Office”, NRO]

Meno casi non identificati per il GEIPAN francese

L’ufologo francese Gilles Fernandez di recente ha attirato l’attenzione nel gruppo Facebook UFO-Pragmatism sul fatto che il GEIPAN, il piccolo organismo di studio sugli UFO del Centro Nazionale di Studi Spaziali francese, ha rivisto al ribasso il totale dei casi classificati secondo i propri criteri come “D”, ossia come non identificati dopo adeguata indagine: essi sono ora scesi a 169 da 234 che erano soltanto nel novembre 2016 (si sono comunque aggiunti tre casi “D” del 2014 – 2015).

Ulteriori verifiche, ri-valutazioni e nuove indagini avrebbero permesso di considerare come spiegabili con un grado più o meno elevato di confidenza un numero notevole di episodi.

L’affinarsi delle tecniche d’indagine e la possibilità senza pari di verificare informazioni, controllare possibili cause convenzionali e di analizzare testimonianze ed immagini ormai acquisita dagli ufologi di orientamento scientifico ha condotto un po’ dappertutto al ridimensionamento numerico della casistica inspiegata.

Occorre comunque aggiungere (e la cosa vale anche per l’Italia) che la scarsa disponibilità di inquirenti qualificati e di indagini compiute sulle segnalazioni rende sovente difficile esprimere valutazioni adeguate anche in occasione di notizie preliminari relative ad osservazioni in apparenza non identificabili in prima battuta.

L’ufologia seria vive della presenza di indagatori sul campo ben attrezzati concettualmente e dal punto di vista delle tecniche.

A queste persone si rivolge anche il Centro Italiano Studi Ufologici.

Se volete esser parte di questa intrapresa della curiosità, della cultura e della scienza, aderite alla nostra associazione.

Comete come UFO

Tanti ufologi di orientamento scientifico hanno cercato di compilare  elenchi di  fonti di errore all’origine di avvistamenti di presunti UFO.

In modo un po’ diverso, altri studiosi hanno cercato di offrire al pubblico e agli appassionati un catalogo concreto, empirico, del delle volte in cui, preso un insieme di casi ufologici “x”, una certa percentuale di eventi risulta spiegabile in modo più o meno chiaro con questa o quell’altra causa convenzionale.

E’ in questo modo che oggi sappiamo che meteore e bolidi, aerei di passaggio, pianeti luminosi come Venere ed altro del genere bastano a spiegare, preso un insieme “x” di casi, già da soli una parte considerevole di essi.

Ma tutto ciò ha un limite: l’elenco  teorico o la lista empirica degli errori scoperti non è sufficiente a coprire l’universo delle ragioni potenzialmente possibili per un abbaglio.

L’esperienza di studiosi ci dice che, sia pur di rado, in pratica qualsiasi stimolo, qualsiasi causa, per banale o rara che sia, può indurre i testimoni in errore. 

Sulla base di questo ragionamento vi segnaliamo una discussione che si è sviluppata negli ultimi anni sul forum francese Ufo-scepticisme.

Gli interventi toccano una possibilità poco affrontata in relazione ai casi ufologici contemporanei – mentre più volte la si sente quando si parla di fenomeni aerei insoliti del passato – ossia la possibilità di equivoci ufologici causati da comete.

La lunga permanenza celeste di questi corpi astronomici e, in molti casi, la loro bassa luminosità, in teoria renderebbe difficile pensarli come possibili falsi UFO. Ma sul forum francese si analizzano alcuni casi concreti in maniera interessante.

Per quanto irrilevanti dal punto di vista del numero di episodi, eventi di questo tipo ci devono richiamare al punto importante:

le cause che producono la stragrande maggioranza degli avvistamenti UFO non sono “strane”. Non sono fenomeni rari, insoliti, curiosi, passaggi di velivoli sperimentali super-avanzati e segretissimi, circostanze implausibili. Sono fatti comuni, osservati da persone comuni, che per una serie complicata di circostanze non le riconoscono e le attribuiscono agli “UFO”. Dunque, quasi qualunque stimolo (un aquilone, un palloncino per bambini, dei fogli di plastica trasportati dal vento e così via, all’infinito) possono trasformarsi in qualcos’altro. 

E, seppur di rado, a quanto pare anche un fenomeno astronomico osservabile per giorni o settimane con comodità da milioni di persone, verificabile e di solito visibile in altre occasioni, noto alle cronache da millenni, può diventare parte della nostra casistica.

Gli “Airglows” dell’alta atmosfera e i presunti UFO del passato

Il 4 luglio, dopo averlo ampiamente annunciato, la rivista di geofisica Geophysical Research Letters ha pubblicato un articolo interessante anche per noi: si intitola WINDII airglow observations of wave superposition and the possible association with historical “bright nights” ed è firmato dai geofisici Gordon G. Sheperd e Young-Min Cho.

Si occupa dei fenomeni di airglow,  ossia delle debole emissioni luminose generate da processi propri della fisica dell’alta atmosfera e che per primi furono descritti in maniera chiara a sufficienza dal fisico svedese Anders Ångström.

L’articolo presenta i risultati ottenuti da un lungo studio sui dati raccolti grazie ad un interferometro montato sull’Upper Atmosphere Research Satellite (UARS), un grande satellite NASA che fu attivo fra il 1991 e il 2005. Sheperd e Cho sono stati in grado di offrire una spiegazione sul perché in certe occasioni gli airglow diventano più luminosi, sino ad essere osservabili ad occhio nudo con una certa intensità anche a latitudini relativamente basse. E’ quanto si verifica quando in alcuni strati dell’atmosfera avvengono alcune reazioni chimiche i cui meccanismi i due geofisici esplorano (ad esempio, il verde degli airglow è dovuto alla capacità della luce solare di separare l’ossigeno molecolare lì presente in singoli atomi di ossigeno, separazione cui fa seguito la ricombinazione degli atomi che a quel punto liberano l’energia in eccesso sotto forma di fotoni della parte verde dello spettro visibile).

Forse in certi rarissimi casi può darsi che aree limitate di cielo illuminate dagli airglow abbiano generato qualche avvistamento UFO. Come causa di errore erano stati presi in considerazione più volte, nel passato, dagli ufologi di orientamento scientifico.

Tuttavia, nell’articolo di Sheperd e Cho c’è una parte che colpisce proprio lo studioso di ufologia.

I due studiosi, infatti, propongono come evidenza storica degli airglows un gruppo di testimonianze risalenti addirittura alla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio e ai suoi “soli notturni”, passando da episodi del XVIII secolo, per giungere infine all’identificazione dei caratteri distintivi del nostro fenomeno, cosa che accadde negli ultimi decenni del XIX secolo.

Ora, i pochi ufologi di orientamento scientifico hanno imparato da tempo a collocare in modo corretto i documenti che parlano di fenomeni aerei insoliti nel passato. Per questo scuotono il capo quando sentono parlare di “presenze aliene” del tempo che fu.

Tuttavia, proprio per questa esperienza e per questa capacità, a volte guardano con perplessità le attribuzioni a fenomeni in via di chiarimento (come nel caso degli airglows, appunto) di certe testimonianze remote, magari appartenente a contesti culturali e letterari molto particolari, distanti dai nostri, fatte da studiosi di ambito universitario.

Anche oggi, il consiglio di questa prudenza nell’etichettamento delle testimonianze “insolite” lontane nel tempo e l’offerta di questo nostro discernimento potrebbe tornare utile ad alcuni studiosi di scienze della natura.

 

Un aiuto per le inchieste UFO: i razzi illuminanti moderni come possibile causa di avvistamenti

Uno dei compiti dell’ufologo di orientamento scientifico consiste nel tenersi aggiornato circa le cause che possono generare equivoci nei testimoni. La cosa è complicata dal fatto che queste cause sono costituite da un insieme aperto, ossia da un un numero di elementi potenzialmente infinito. In altri termini, l’esperienza e la logica ci dice che, almeno in teoria, si può scambiare di tutto per un UFO.

Sul piano pratico, sappiamo invece che la gran parte dei casi che riusciamo a spiegare sono dovuti a un piccolo gruppo di motivi (grosse meteore, stelle e pianeti, aerei ed altri velivoli, palloni di vario tipo…). Ciò non toglie che ci siano cause più rare e improbabili a manifestarsi che per la loro complessità dobbiamo analizzare con cura, perché possono portare ad eventi di particolare interesse.

E’ il caso dei modelli attuali di razzi e munizionamento utilizzato dalle aeronautiche e dagli eserciti in funzione illuminante e di inganno anti-missilistico.

In un articolo pubblicato qui, lo studioso francese Gilles Fernandez presenta sia alcuni esempi concreti a partire dal 1990 sia una serie di questo tipo di artifici in uso ad opera delle forze armate di vari Paesi del mondo mostrando quale tipo di effetti possano produrre sia  nei video, sia in fotografia sia nei resoconti testimoniali.

In linea di principio il loro impiego  avviene in occasione di esercitazioni militari o di attività di ricerca e soccorso (Search & Rescue). Fra i casi portati ad esempio, ad ogni modo, nessuno concerne il territorio italiano.

 

 

Un aiuto per le inchieste UFO: come identificare i satelliti artificiali e i loro “lampi”

Lo studioso americano Robert Sheaffer, scrittore e scettico attivo in vari ambiti del paranormale ha pubblicato nel suo blog Bad UFOs un post utile per chiunque voglia occuparsi in maniera proficua di indagini sugli avvistamenti di supposti UFO.

Non sempre le posizioni  di Sheaffer sulle questioni controverse di cui si è occupato possono essere condivise, ma in questo caso ha senz’altro prodotto indicazioni il cui impiego è altamente consigliabile.

Sheaffer presenta la foto del satellite n. 58 della serie Iridium, un tipo famoso da vent’anni per i bagliori (flares) le cui strutture allungate possono emettere. Stavolta, però, l’interesse particolare sta nel fatto che Sheaffer ha documentato  la capacità di questi satelliti di produrre per parecchi secondi una luminosità particolarmente intensa (magnitudine -8), cioè una luce paragonabile a quella di una meteora di buona rilevanza.

Il riflesso della luce solare sulle “ali” degli Iridium può produrre lampi sino a 30 volte la luminosità di Venere, l’astro che dà luogo a frequentissimi errori da parte dei testimoni.

Gli Iridium lanciati nel passato cesseranno presto il loro servizio, e quelli di nuova non necessiteranno più delle lunghe strutture responsabili dei fenomeni di nostro interesse. Dunque, i lampi anche vistosissimi e non istantanei di cui abbiamo parlato dovrebbero essere una caratteristica dei satelliti scambiati per fenomeni insoliti destinata – almeno per il prossimo futuro – a diminuire in modo radicale nei resoconti d’avvistamentoS

Sheaffer consiglia ciò che anche il CISU usa come istruzione per i propri membri: utilizzare per le previsioni e la visibilità dei satelliti da una determinata località il sito Heavens Above e, nel caso di cui parliamo, la parte che esso dedica ai brillamenti Iridium.

Lo studioso americano commenta il punto con una frase che anche noi ci sentiamo di dire:

Se vedete qualcosa nel cielo che non riuscite a identificare e non controllate nemmeno Heavens Above per compararlo con gli oggetti conosciuti che c’erano in quel momento, allora vuol dire che non siete stati seri nel cercare di identificarlo. 

Tutto ciò senza dimenticare che un certo numero di satelliti per usi militari è classificato e che, dunque, i dati relativi alle loro orbite non sono pubblici.

Infine, Sheaffer segnala altre due risorse operative che anche noi del CISU vi chiediamo di usare a vostro vantaggio:

  • iscriversi alla mailing list SeeSat-L, sulla quale scrivono e discutono le loro osservazioni di satelliti i maggiori esperti dell’argomento – a volte anche presentando episodi d’incerta identificazione;
  • seguire il lavoro dello studioso Ted Molczan, che valuta tutti i fenomeni di rientro atmosferico di satelliti artificiali, di razzi vettori, di frammenti e di varia “spazzatura spaziale” che, come noto, provocano manifestazioni atmosferiche sotto più profili simili (ma non del tutto!) alle meteore naturali.  Qui trovate un elenco sempre aggiornato fatto da Molczan dei rientri che è stato possibile osservare dal 1957 all’autunno 2016.

 

 

Il pianeta Venere sta provocando un enorme numero di segnalazioni UFO negli Usa e altrove

Dall’autunno scorso l’intensissima luminosità del pianeta Venere, visibile in orari serali (oggi sabato 25 febbraio, per esempio, alle latitudini medie dell’Italia tramonta alle 20.59) sta generando un gran numero di avvistamenti di pseudo-UFO sia in Italia sia all’estero.

Dagli inizi di gennaio buona parte dei casi giunti al CISU relativi alla fascia oraria 17-21 sono dovuti a Venere, che in questi giorni si trova quasi perfettamente ad ovest, relativamente basso sull’orizzonte e di cui si osserva bene il tramonto con il disco biancastro che progressivamente pare arrossarsi man mano che scende verso il basso.

Gli ultimi casi plausibili concernono Chieti Scalo (14 febbraio, ore 20), Albizzate (VA) (15 febbraio, 19 circa) e  San Francesco al Campo (TO) (16 febbraio, ore 20 circa), ma altri episodi sono all’esame.

Il fenomeno, pur ben noto da sempre agli studiosi razionali di ufologia ci ha comunque sorpresi per le proporzioni che ha assunto in questa stagione invernale.

Avevamo appreso da colleghi di vari Paesi dell’emisfero settentrionale del globo che le cose stavano andando in modo simile anche da loro, ma ora negli Stati Uniti una delle associazioni di appassionati che dispongono di una hotline telefonica per raccogliere gli avvistamenti, il NUFORC, giovedì 23 febbraio si è vista costretta a pubblicare sulla sua home page un avviso di questo tenore:

Per favore, non segnalateci gli “avvistamenti” dovuti al pianeta Venere. La nostra hotline telefonica sta ricevendo circa duecento chiamate telefoniche a settimana riconducibili al pianeta Venere, e quelle telefonate ci stanno impegnando per la maggior parte del tempo.

Invitiamo il pubblico italiano a far circolare anche da noi questa informazione:

la fonte di luce vistosa che si osserva a lungo, in questa stagione, dal tramonto sino alle 21 circa in direzione ovest, piuttosto bassa sull’orizzonte e che lentamente scende verso il basso NON E’ UN UFO, ma il pianeta Venere in una sua fase d’intensissima luminosità.

Gli effetti causati da lanci di missili: altri casi e caratteristiche generali

Con una notizia pubblicata su questo sito il 26 gennaio ci eravamo occupati dei complessi fenomeni causati dal lancio nell’alta atmosfera o verso lo spazio esterno di vari tipi di razzi e di vettori missilistici.  Ci eravamo però soffermati in particolare sugli studi concernenti fatti di questo tipo risalenti ai decenni passati, sino a risalire agli anni ’60 del secolo scorso.

Oggi torniamo sull’argomento per aggiornarvi sugli studi di ultima generazione. Vi forniamo altri strumenti di valutazione per eventuali fatti futuri e diverse analisi concernenti il quadro di questi ultimi anni.

Dobbiamo ancora una volta al ricercatore aerospaziale americano James Oberg tutti questi sussidi, che come ufologi di orientamento scientifico vi invitiamo a scaricare senza indugio.

Cominciamo con uno studio reperibile qui. Prende spunto da un caso recente di questo genere, quello che la sera del 7 novembre 2015 ha avuto per scena la costa pacifica degli Stati Uniti. E’ però un documento che va oltre l’episodio contingente, perché fornisce molti elementi generali concernenti la dinamica di questi tipi di eventi, ad esempio quelli riguardanti la geometria dei lanci (esempio: perché i missili, al contrario delle aspettative, non vanno in linea retta verso l’alto?)

Un saggio ulteriore di Oberg riguarda l’osservazione di una “spirale ascendente” comparsa nel cielo della regione russa di Tomsk nel 2006. Esso è occasione per spiegare le modalità con le quali si formano le “spirali”, questo genere di effetti sconcertanti che possono dar luogo a spettacoli di grande bellezza e di quasi assoluta perfezione di forme.

Un altro scorcio speciale è quello offerto dalla presentazione di ciò che accadde nei cieli della Siberia nel pomeriggio del 23 dicembre 2011, quando il grande satellite per telecomunicazioni russo Meridian 5 non riuscì ad entrare in orbita e si disintegrò nell’atmosfera con il suo vettore. Alcuni rottami ricaddero al suolo. Il disastro spaziale provocò avvistamenti da un’area vastissima.

Uno studio più recente di Oberg offre una prospettiva ancora più particolare: l’osservazione, il 10 ottobre 2013, degli effetti del lancio sperimentale di un missile balistico russo da parte dell’equipaggio della ISS, la Stazione spaziale internazionale in orbita nell’atmosfera terrestre.

Il 17 novembre 2015 dal poligono di Kapustin Yar, nella zona di Astrakhan, i russi lanciavano un missile balistico RS-12 Topol M (in codice NATO SS-27 Sickle B) generando ancora una volta una miriade di testimonianze. L’interesse precipuo del lavoro  su questo fatto sta nella spiegazione dei motivi per i quali i test di questo gruppo specifico, che avvengono dal 2005 e sono denominati KY-SS (il lancio di quel giorno era siglato KY-SS 12) risultano particolarmente vistosi per gli osservatori posti al suolo.

L’ultimo caso in ordine cronologico è oggetto del lavoro concernente le osservazioni da terra, dalla ISS e da parte di aerei in volo delle conseguenze del lancio noto come TMA-19M della stazione orbitale russa Soyuz, avvenuto dal poligono di Baykonur il  15 dicembre 2015.

Uno dei pochi casi italiani della categoria di cui ci siamo qui occupati si verificò la sera del 21 dicembre 1968, ebbe per teatro la parte settentrionale del Paese e fu dovuto al lancio dell’Apollo 8 statunitense in volo verso l’orbita lunare.

Si noti che nessuno dei casi studiati da Oberg sembra aver generato testimonianze dal nostro territorio.

 

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AGGIORNAMENTO DEL 20 FEBBRAIO 2017

Quasi in contemporanea con la pubblicazione di questo articolo, James Oberg ha prodotto un nuovo saggio sugli effetti dei lanci di vari generi di missili e razzi. In questo lavoro, datato 11 febbraio, si sofferma in modo speciale su un altro aspetto di questa categoria di eventi: motivi, tecnologie, tipi di materiali ed effetti specifici dovuti agli scarichi di carburanti da parte di velivoli in fase di lancio o di orbita. Uno degli eventi descritti è lo scarico di gas e carburanti dovuti all’Apollo 8, quello che – come detto – fu osservato anche dal nostro Paese.

 

Nella foto sopra, l’incredibile spettacolo offerto dalla “spirale” ripresa nel cielo norvegese il 9 dicembre 2009. Erano gli effetti del fallimento del lancio di un missile russo SS-NX-30.