Dopo oltre quaranta anni esce in traduzione italiana un altro dei libri seminali dell’ufologia: Il collegio invisibile venne infatti pubblicato nel 1975 a firma dell’astronomo e informatico franco-americano Jacques Vallée per riepilogare “quello che un gruppo di scienziati ha scoperto circa l’influenza degli UFO sulla razza umana”.
“Collegio invisibile” era infatti il nome scherzoso che si era dato un collettivo informale di docenti universitari e ricercatori scientifici che a partire dalla fine degli anni ’50 avevano formato una rete di corrispondenza internazionale attorno all’ingegnere francese Aimé Michel, poi (dopo il trasferimento di Vallée negli USA nel ’62) coordinata dall’astronomo americano Joseph Allen Hynek, all’epoca consulente dell’Aeronautica Militare degli Stati Uniti. Di quel gruppo Vallée era diventato un esponente di punta, pubblicando i primi due libri di “ufologia scientifica” (“Anatomy of a Phenomenon” nel 1965, “Challenge to Science” nel 1966), prima che il “collegio invisibile” emergesse dall’anonimato nel 1973 con la fondazione del Center for UFO Studies (CUFOS) diretto dallo stesso Hynek.
Già alla fine degli anni ’60 però Vallée aveva cominciato a spostare la sua attenzione verso alcuni aspetti del problema UFO che sembravano puntare più in là di semplici visitatori extraterrestri. “Passport to Magonia” nel 1969, “The Invisible College” e “The Edge of Reality” nel 1975, “Messengers of Deception” nel 1979 segnarono le tappe della sua evoluzione di pensiero dall’ETH all’ipotesi parafisica, e poi alla teoria che il fenomeno nascondesse in realtà un’intelligenza non umana ma terrestre, che aveva influenzato e plasmato l’evoluzione della nostra specie.
L’uscita di questo volume presso le edizioni Venexia (che negli ultimi due anni avevano già pubblicato di Vallée la successiva “trilogia del contatto”: Dimensioni, Incontri, Rivelazioni, 1988-1991) colma un vuoto nella bibliografia ufologica italiana di livello alto, col solo limite che la traduzione manca di qualsiasi attualizzazione e contestualizzazione del libro, alcune tesi del quale (ad esempio la celebre curva di correlazione inversa tra stranezza e probabilità di emersione di un caso) risultano ormai superate, mentre alcuni episodi solo accennati nel testo sono stati in seguito ampliati e chiariti nei diari dello stesso Vallée (“Forbidden Science”, 1992) e in successive indagini, primo fra tutti l’incontro ravvicinato avvenuto nella tenuta di Castelporziano, con testimone l’autista personale del presidente della repubblica italiana (caso del quale ci siamo ampiamente occupati sul n. 28 di UFO – Rivista di Informazione Ufologica).
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In italiano un classico dell’ufologia Usa di genere occultistico
E’ appena arrivata nelle librerie la traduzione italiana di un altro classico dell’ufologia, un testo peraltro particolarissimo, opera di un personaggio originale e controverso: John Alva Keel (1930-2009), che fu uno degli esponenti di quella che negli anni ’70 del secolo scorso fu chiamata “ipotesi parafisica”.
“L’Ottava Torre” (The Eighth Tower, in originale), uscito nel 1975 negli Stati Uniti, è stato ora pubblicato dalla Venexia Editrice che negli ultimi anni ha già tradotto alcuni libri dell’altro esponente storico del filone parafisico, Jacques Vallée.
Il volume è purtroppo privo di qualsiasi prefazione che aiuti a inquadrare il contesto storico e culturale nel quale prese forma, ma chi voglia approfondire può trovare qui l’ampia presentazione che all’opera di Keel il CISU dedicò qualche anno fa sulla propria rivista.
Keel era un giornalista interessato da sempre ai fenomeni insoliti, ma fu solo dal 1966 che maturò un interesse attivo – quasi spasmodico – per i fenomeni UFO. Conseguenza principale di un biennio di totale coinvolgimento in racconti ufologici di ogni tipo, dai più seri ai più improbabili di genere contattistico, fu un libro-fiume, Operation Trojan Horse che per la sua mole vide da noi solo una traduzione parziale, nel 1975 (“UFO: Operazione Cavallo di Troia”) , ad opera delle edizioni MEB.
Ne “L’Ottava Torre” Keel spingeva agli estremi la sua concezione unitaria e semi-paranoica dell’ufologia e del paranormale: l’umanità e l’intera realtà sarebbero una sorta di parco dei divertimenti di entità a noi completamente incomprensibili, non extraterrestri ma “aliene” nel senso più proprio del termine le cui manifestazioni erano – fra le altre – quelle ufologiche.
Oscillando fra un’idea cautamente evolutiva dello scopo di queste manifestazioni ed una assai più pessimista su di esse, il libro adesso tradotto arrivava a postulare in modo del tutto gratuito l’esistenza di una sorta di entità quasi-divina, il Superspettro, un’energia a noi ignota dalla quale originava da sempre questa fenomenologia a noi destinata.
Circa il ruolo di Keel nella storia dell’ufologia italiana, sebbene le sue affermazioni appaiano lontanissime dagli orientamenti complessivi del Centro Italiano Studi Ufologici, va anche detto che alla fine degli anni ’70 le idee keeliane affascinarono alcuni fra i giovani che poi saranno tra i fondatori del CISU.
Keel spostava infatti l’attenzione degli studiosi dagli aspetti oggettivi – che riteneva una sorta di “superficie” delle manifestazioni UFO – alla soggettività e ai testimoni intesi come “percipienti”, ovvero non semplici testimoni ma persone dotate di caratteristiche e vite nei cui meandri bisognava scavare per capire perché mai gli UFO si manifestassero proprio a loro. Per una curiosa eterogenesi dei fini, queste elucubrazioni condussero quei giovani già nei primi anni ’80 a rivolgere il loro interesse alle scienze umane e in particolare a quelle che si occupavano della percezione umana e dei processi cognitivi, e poi ad occuparsi delle dinamiche della testimonianza e della sua trasmissione, beninteso nell’alveo delle scienze “normali”.
Per quanto possa sembrare oggi curioso, fu anche in quel modo che sorse la generazione che nel 1985 diede vita al CISU e che si volse alla mentalità scientifica per occuparsi delle nostre questioni.
[Ha collaborato Edoardo Russo]