E’ morto l’ufologo inglese Peter Rogerson

Il 6 marzo è morto a Manchester Peter Rogerson, uno dei più colti studiosi inglesi dell’argomento ufologico.

Nato nel 1951, lavorava come bibliotecario e fin dal 1969 si aggregò al comitato redazionale del MUFOB, una rivistina indipendente che in quegli anni si trovò a dar voce nel Regno Unito alla “new ufology” lanciata oltre-oceano da John Keel e Jacques Vallée, in contrapposizione all’ufologia extraterrestrialista “dadi e bulloni”.

Appassionato lettore e studioso anche di psicologia sociale, folklore, stregoneria, in quarant’anni di pubblicazioni di quello che in origine si chiamava “Merseyside UFO Bulletin”, poi “Metempirical UFO Bulletin” e infine “Magonia” (e poi per i successivi otto anni in versione webzine), Rogerson scrisse numerosi articoli, sempre poco convenzionali, centrati sulle componenti culturali e – come diceva lui stesso – “umanistiche” dell’argomento UFO, oltre a centinaia di recensioni librarie, che si possono ora leggere liberamente on line dal sito web della rivista, dove ha continuato a scrivere fino all’ultimo.

Ma un suo contributo tutt’altro che secondario all’ufologia fu l’iniziativa di proseguire ed ampliare il mitico catalogo dei casi di atterraggio UFO che Jacques Vallée aveva pubblicato in appendice al suo libro “Passport to Magonia”, nel 1969. Avviato nel 1971 e pubblicato a puntate per oltre dieci anni, l’INTCAT (International Catalogue of Type-1 Events) portò rapidamente da 923 a oltre 5.000 i casi raccolti, catalogati e minuziosamente riportati con riassunto e fonti, coinvolgendo vari studiosi di mezzo mondo, generando filiali locali e cataloghi nazionali in almeno quattro continenti.

In Italia la traduzione dell’INTCAT venne iniziata nel 1978 da Edoardo Russo sulle pagine del supplemento ufologico di “Clypeus”, e fu all’origine del catalogo nazionale ITACAT, curato da Maurizio Verga.

Pochi sanno che Rogerson, in base a sue considerazioni sociologiche, aveva “previsto” la grande ondata italiana di avvistamenti dell’autunno 1978.

L’enorme collezione libraria di Peter Rogerson (oltre 5.000 volumi) era stata da lui donata all’AFU (Archives for the Unexplained) ed è stata trasferita in Svezia nell’arco degli ultimi anni.

[in alto: Peter Rogerson nella sua biblioteca di casa, foto di Clas Svahn]

Le “Navi di Magonia” – gli storici se ne occupano, ma seriamente

Quello di Pierre Lagrange è un nome ben noto agli studiosi di ufologia. Lui stesso comparso  sulla scena francese nei primi anni ’80 del secolo scorso come ufologo orientato per spiegare il fenomeno all’ipotesi socio-psicologica, è poi diventato un sociologo delle scienze con un vivo interesse per le parascienze e per il pensiero pseudoscientifico.

Fra le altre cose, Lagrange ha prodotto lavori importanti sul “padre” dell’era ufologica contemporanea, l’americano Kenneth Arnold, colui che il 24 giugno del 1947 vide dal suo aereo i nove corpi volanti subito battezzati flying saucers.

Di recente, insieme ad altri, Lagrange ha contribuito a rimettere ordine circa una delle credenze alla base di molte tendenze irrazionalistiche e prossime al pensiero occultistico che costituiscono buona parte della galassia ufologica.

L’occasione principale è giunta da un lavoro di natura scientifica. Nel 2016, infatti, lo storico Michel Rubellin ha diretto per le edizioni Cerf di Parigi la traduzione del trattato sui fenomeni meteorologici, in particolare sulle credenze relative ai fulmini e alla grandine, scritto dal vescovo Agobardo di Lione nel IX secolo.

Questo trattatello, volto a combattere le superstizioni popolari del tempo, letto fuori contesto e in maniera priva di qualsiasi competenza filologica e storica, a partire dal 1964 con la lettura assolutamente ingenua del clipeologo  inglese W. Raymond Drake e poi (soprattutto) dell’ufologo franco-americano Jacques Vallée fu rapidamente inserito nel corpo della letteratura ufologica, diventando, con l’interpretazione della “navi celesti” come astronavi extraterrestri che rapivano dei malcapitati testimoni portandoli in un posto chiamato “Magonia”, un preteso episodio di abduction ufologica ante litteram.

Insieme al medievista Jacques Berlioz, lui stesso fra quelli che hanno tradotto su basi accurate Agobardo, a fine maggio Lagrange ha presentato la storia della ricezione fra gli appassionati di ufologia dello scritto di Agobardo.

Sul numero di ottobre 2017 della rivista francese “L’Histoire”, infine, Lagrange ha offerto a un pubblico più generale la genealogia di questa complessa e ramificata lettura in chiave Et di un ecclesiastico alto-medievale che, in fondo, oggi deve la sua fama imperitura proprio alle malintese “navi celesti” delle quali riferì in un paragrafo della sua opera.