Quel che gli americani credono sugli UFO (e sul paranormale)

La Chapman University è un’istituzione che ha sede ad Orange, in California. Una delle sue branche, il Wilkinson College of Arts, Humanities and Social Sciences, da tempo conduce un sondaggio denominato “Valutazione delle paure americane” (Survey of American Fears), quest’anno giunto alla sua quarta edizione.

A questa pagina ne trovate il testo completo in formato pdf con indicazione delle metodologie statistiche impiegate.

Questo studio comprende (fra le altre cose) una serie di sette domande relative alle credenze  sul paranormale. Si va dalle più tradizionali convinzioni sui poteri della mente, ai fantasmi, ai poltergeist, al Bigfoot e – quel che più ci interessa – agli UFO e alle idee connesse sulle visite extraterrestri alla Terra.

Una caratteristica per noi rilevante è che lo studio distingue fra tre categorie di convinzioni legate in modo più o meno diretto agli UFO in senso proprio.

Andiamo in ordine decrescente. Il 55% del campione concorda in modo forte o fortissimo sull’idea che siano esistite nel passato remoto civiltà super-avanzate, come quella di Atlantide. Questo tipo di credenze è parte fondamentale del patrimonio dell’approccio di tipo occultistico agli UFO. Condividerle può significare possedere il piedistallo ideologico per fare il salto verso altre parti della galassia di nostra competenza.

Il 35%  degli intervistati aderisce alle teorie sugli “Antichi astronauti”, quelle secondo le quali in tempi lontani la Terra è stata visitata dagli alieni.

Il 26,2%, infine pensa che la Terra sia oggi visitata dagli alieni – il che, in sostanza, vuol dire che crede negli UFO come velivoli extraterrestri e in parti più o meno rilevanti della nebulosa dei miti ufologici attuali.

In sostanza, solo un quarto degli americani non aderisce a nessuna delle sette credenze elencate. Molti sono d’accordo con due, tre o più cose di quel genere.

Per la Chapman University, dunque, nell’America del 2017 le credenze nel paranormale sono un elemento prevalente della cultura del Paese – ma, forse piccola sorpresa per gli studiosi razionali di ufologia – quelle “nostre” sono più diffuse nelle parti che riguardano il passato (antiche civiltà supertecnologiche, Antichi astronauti)  rispetto a quelle del tempo presente (UFO = velivoli alieni).

Collegando queste convinzioni a una lunga serie di caratteristiche sociali e culturali, per lo studio risulta che (in generale, non nelle nostre aree specifiche) le persone che aderiscono in maniera più forte ad un numero rilevante di credenze nel paranormale, nell’America dell’estate 2017 tendono ad avere reddito basso, si definiscono altamente religiose ma non frequentano troppo spesso i luoghi di culto, sono più donne che uomini, hanno posizioni politiche conservatrici e vivono più sovente in aree rurali, magari sulla costa occidentale degli Stati Uniti.

 

 

La guerra dei mondi di Welles? Niente panico nel 1938 – ma lo sapevamo da un pezzo!

Solo di recente, con grande ritardo, sui media italiani – in particolare il 1 settembre su Wired.it – grazie a Stefano Dalla Casa – e sull’edizione cartacea del settimanale Internazionale del 22-28 settembre – grazie al giornalista Giovanni De Mauro è giunta l’eco di un libro dello storico americano A. Brad Schwartz,  Broadcast Hysteria. Orson Welles’s War of the World and the art of fake news (edizioni Hill and Wang), uno studio molto articolato che nel 2015 ricostruiva con rigore ciò che accadde negli Stati Uniti la sera del 30 ottobre 1938 (siamo all’anniversario!), quando fu messa in onda la celeberrima trasposizione radiofonica di Orson Welles de La guerra dei mondi di H. G. Wells.

Nel suo libro, Schwarz dimostra attraverso una gran quantità di fonti d’archivio che quella sera negli Stati Uniti non vi fu quasi nessuna reazione di spavento e tanto meno il presunto panico collettivo per il quale quel dramma radiofonico è passato alla storia sociale e dei mass media.

Furono i quotidiani, nei giorni successivi, ad ampliare a dismisura la sensazione che quella sera nel nord-est degli Stati Uniti vi fosse stato il caos. Schwarz mostra che l’aspetto più interessante di questa vicenda è il dibattito che accompagnò e seguì il clamore che il racconto sull’invasione marziana aveva suscitato: con i regimi dittatoriali sovietico e nazista al culmine del potere l’idea generale era che la capacità di plasmare l’opinione pubblica attraverso radio e cinema fosse illimitata e che la trasmissione di Welles fosse una conferma della validità dei primi modelli di teorie sociologiche delle comunicazioni di massa (quelli che nella storia della sociologia sono note come “teorie ipodermiche”).

La convinzione diffusasi di un effetto clamoroso della trasmissione di Welles influenzò alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale anche alcune iniziative legislative volte a controllare ad opera delle autorità il contenuto delle fiction radiofoniche. Sul piano scientifico, il lavoro più noto del tempo, The Invasion from Mars, A  Study in Psychology of Mass Panic, libro dello psicologo Hadley Cantril, uscito meno di due anni dopo il fatto, diede legittimazione accademica all’idea del panico generalizzato.

Spezziamo però una lancia a favore dell’ufologia seria. Alcuni scienziati sociali che sono (o sono stati, nel corso del tempo) anche ufologi avevano compreso a sufficienza già da parecchio quello che poi Schwarz ha chiarito ulteriormente.

E’ il caso del sociologo Robert E. Bartholomew, che ha all’attivo numerosi saggi di storia dell’ufologia. Già nel 2001, nel suo libro Little Green Men, Meowing Nuns and Head Hunting Panics e poi in lavori successivi Bartholomew era stato chiaro a sufficienza.

Nel 2005, con il libro La guerre des mondes a-t-elle eu lieu? (e poi nel 2009 su Le Monde Diplomatique), un altro sociologo e lui stesso studioso di ufologia, il francese Pierre Lagrange,  argomentava per conto suo come il mito del panico di massa del 1938 aveva probabilmente l’avvio a causa della copertura sensazionalistica dell’episodio dovuta a un articolo comparso il 31 ottobre su un giornale autorevole, il “New York Times”.

Un punto da sottolineare è che sin dalla metà degli anni ’50 del secolo scorso la radiotrasmissione di Welles costituisce uno dei miti fondanti del complicato mondo del cospirazionismo ufologico.

Infatti, un ragionamento fatto per analogia già cinquanta anni fa e persino da ufologi “moderati” quanto a convinzioni sulla possibile natura extraterrestre degli UFO, sosteneva che quando i dischi volanti comparvero nei cieli, nel 1947, il supposto panico americano del ’38 doveva esser servito da modello alle autorità di Washington per imporre una censura sul fenomeno motivata soprattutto da considerazioni di ordine pubblico: l’ammissione della presenza nei cieli di velivoli di altre civiltà avrebbe causato la disintegrazione del quadro sociale.

Questo argomento retorico usato da parte degli ufologi per sostenere la tesi della “congiura del silenzio” ha una sua storia precisa ampiamente documentabile ma, soprattutto, sul piano fattuale oggi sappiamo che il programma di Welles non generò nessuna psicosi su grande scala.

 

Buone letture 2/ Belgio – Una tesi di dottorato in psicologia discute il fenomeno UFO

Il 21 settembre scorso, presso l’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio, lo studioso Jean-Michel Abrassart, membro del collettivo ufologico transnazionale EUROUFONET, del quale fanno parte diversi soci del CISU, ha discusso la tesi di dottorato in Scienze psicologiche e dell’educazione intitolata Le modèle sociopsychologique du phénomène OVNI: un cadre conceptuel interprétatif en sciences humaines.

Relatore di tesi era il professor  Jean-Luc Brackelaire. Della commissione faceva parte il sociologo francese Jean-Bruno Renard, che da molto tempo si occupa del fenomeno UFO secondo la prospettiva della sua disciplina e che  al riguardo ha all’attivo diversi titoli.

Il lavoro di Abrassart, scaricabile in modo gratuito quis’inserisce nel filone della cosiddetta ipotesi socio-psicologica classica, ossia quella secondo la quale i fenomeni UFO sarebbero interamente risolvibili nel quadro delle scienze umane, ossia come errori percettivi, come espressione di processi genetici di una mitologia contemporanea, come credenze neo-religiose da parte dei testimoni e degli ufologi,  come convinzioni sostenute dall’influenza complessa dei mass media sul pubblico, ecc.

La peculiarità dell’ipotesi socio-psicologica sta nel fatto che, in questa forma, è nata all’interno dello stesso ambiente ufologico. Testimonia dunque l’esistenza di una corrente “scettica” sugli UFO nel seno stesso della comunità degli studiosi. La sua origine si può far risalire alla Francia della metà degli anni ’70 del secolo scorso e in modo speciale all’ufologo Michel Monnerie.

Senza mai abbracciare le posizioni sostenute dai laureandi, si ricorda che il Centro Italiano Studi Ufologici ha fornito parecchie consulenze generali e bibliografiche  gratuite a studenti universitari italiani che intendevano presentare lavori e tesi sui più vari aspetti della fenomenologia UFO. Alcune sono state poi pubblicate dalla Cooperativa editoriale UPIAR.