Introduzione al volume “La mia corrispondenza con Antonio Ribera”

di Vicente-Juan Ballester Olmos

Lo scopo di questo volume è condividere con tutti gli appassionati dell’argomento UFO la corrispondenza che ho avuto con Antonio Ribera dal 1966 fino alla sua morte nel 2001. Ribera, scrittore, traduttore e ufologo, è stato anche il mio primo punto di riferimento su questo argomento. come per molti altri ricercatori provenienti dalla Spagna e dall’America Latina. Ho innumerevoli ricordi con lui, aneddoti di tanti incontri in cui abbiamo discusso argomenti di comune interesse, visite, viaggi a convegni nazionali e internazionali. Con questo libro voglio semplicemente esprimere la mia solidarietà e il mio omaggio al caro amico, collega, “consigliere letterario” e, allo stesso tempo, talvolta, avversario intellettuale.

Perché, come è diventato evidente con il passare degli anni, non eravamo d’accordo nelle nostre visioni del problema UFO. Viveva di scrittura, e questo comporta certe licenze e vincoli perché il realismo scettico non vende. Ribera credeva nei marziani, ma era una persona onesta a cui piaceva collaborare. Questo prima che i casi classici crollassero, uno dopo l’altro, sulla base di spiegazioni convenzionali. Prima che l’ipotesi psico-sociologica fosse in grado includere tutte le testimonianze di “elevata stranezza”.

Ma Ribera era mio amico. E pur avendo gravi divergenze “ideologiche” riguardo agli UFO, Ribera ed io abbiamo sempre avuto rispetto e, credo, ammirazione reciproca. Esisteva in campo ufologico una sorta di rapporto paterno-filiale, affettuoso, allo stesso tempo critico e sincero, perché, come si può constatare in alcuni momenti della nostra fitta corrispondenza, avevamo importanti discrepanze e disaccordi, sempre infine salvati da un consenso per mettere da parte le differenze e mantenere la nostra amicizia.

Ribera era un catalano, sebbene scrivesse le sue opere principalmente in spagnolo e inglese. Era poliglotta, ma soprattutto anglofilo, e questo era un tratto che avevamo in comune, basti vedere come il nostro scambio epistolare è costellato di parole nella lingua di Shakespeare. Infatti Trini Broco, la sua fedele compagna, mi chiamava “l’inglese”. Attivista catalano, portò la bandiera nazionale della Catalogna nella sua spedizione all’Isola di Pasqua, ma fu la sua casa editrice catalana a rovinarlo. Sono contraddizioni paradossali della vita (ah, i soldi!)

In questa raccolta cronologica ho intervallato anche alcune lettere inviate ad altri ricercatori, in modo da avere una prospettiva più ampia della sua vita, del suo lavoro e delle sue vicissitudini personali. Ho voluto illustrare questa monografia anche con fotografie scattate in occasione di convegni, incontri e viaggi che ho avuto il piacere di condividere con Ribera tra il 1968 e il 2001. Sono 33 anni di fotografie di attività comuni (oltre anche a mille e una disparità).

Non ho voluto confutare o discutere alcuni dei punti sollevati da Ribera nelle sue lettere, molti dei quali, in particolare alcuni relativi a casi di UFO che considerava autentici, si sono rivelati errati. Lascio al giudizio al lettore. Ciò che ho fatto è aggiungere alcune note che forniscono informazioni complementari al lettore e allo storico sugli argomenti discussi in molte delle sue lettere.

Restano sulla carta i ricordi di alcuni momenti speciali, come la prima visita che gli feci nel 1970, quando trascorsi alcuni giorni nella sua casa di Barcellona, ​​dove riorganizzai la sua biblioteca e il suo archivio con un sistema destinato a durare per molti anni.  E quell’altro giorno del 1973 quando insieme andammo a trovare la vedova di Eduardo Buelta, dopo la sua morte. E la situazione di tensione creatasi quando lei lo rimproverò di essersi appropriato del lavoro del marito.

È una raccolta di ricordi e di tappe. Gli anni Sessanta, con il vorace apprendimento dell’allievo con il maestro; il decennio degli anni Settanta, di intensa collaborazione, di grandi coincidenze tematiche e l’apparizione di discrepanze e discussioni; gli anni Ottanta, dove sembra che il contributo di Ribera alla nuova generazione stesse per esaurirsi; e infine gli anni Novanta, con pochissimi contatti, per il mio impegno verso l’obiettivo della declassificazione.

L’esame della corrispondenza mostra, nei primi anni, un giovane Ballester Olmos, inquieto, ingenuo, un po’ credulone ma critico, determinato, insistente, appassionato, innovativo, che chiede sempre più per il suo desiderio di avere tutte le informazioni; sincero, a volte presuntuoso perché eccessivamente autoritario e, forse, troppo serio per la sua età. Con spunti tratti dai libri dell’epoca e segnati soprattutto da quelli di Ribera, appare chiaramente influenzato da Jacques Vallée e Aimé Michel. Giovane che mostra capacità di leadership organizzando e coordinando iniziative di gruppo, con due premesse: fare scienza con gli UFO e unire i ricercatori. Né l’una cosa né l’altra saranno poi possibili.

Quando si invecchia a volte si prova una certa nostalgia. Devo aver avuto un attacco di sentimentalismo nel 1998 quando non potevo pensare ad altro che proporre un saggio comune che riassumesse cosa fosse il fenomeno UFO da un punto di vista critico. Il fatto è che, anche crescendo, siamo rimasti ancora ingenui. Naturalmente mi ha risposto (in una telefonata amichevole): «Vicente-Juan, credo ancora nell’ipotesi extraterrestre e che rapiscono le persone». Non era possibile firmare qualcosa insieme. Volevo cercare di far sì che, alla fine della sua vita, il suo nome fosse associato a un approccio razionalista alla materia. È stato impossibile.

Il mio rapporto con Ribera non è stato costante negli anni. È diminuito nel tempo, sostanzialmente a causa della differenza di messa a fuoco che si stava manifestando. Dall’esame di questi testi risulta evidente che ho sempre creduto che l’unico modo per affrontare lo studio del problema degli UFO sia farlo partendo da approcci scientifici. Si vede anche l’evoluzione delle mie idee: da un’iniziale fiducia nella realtà fisica degli UFO, basata fondamentalmente sui libri dei miei predecessori, ad uno scetticismo empirico.

Nel corso degli anni, infatti, la mia corrispondenza con Antonio Ribera è andata progressivamente diminuendo. Ciò va di pari passo con la perdita di influenza dell’insegnante sull’allievo e con lo sviluppo delle mie idee. È naturale. Sono il tipo di ricercatore che cerca di ridurre i fatti a numeri, numeri e correlazioni, e la statistica aiuta a visualizzare e interpretare i processi. I miei lavori fin dalla giovinezza sono pieni di tabelle e statistiche (“plots” direi ad Antonio). Non posso quindi fare a meno di riportare un paio di grafici sul numero di lettere scambiate tra i due tra il 1966 e il 1999.

Ho iniziato la corrispondenza con Ribera nel 1966 e nel 1969 ci siamo scambiati non meno di 60 lettere, la maggior parte delle quali mie. Da notare che il grosso del mio rapporto epistolare con Ribera è stato tra il 1970 e il 1979, un decennio prodigioso, con più di due lettere al mese in media e un anno, il 1973, con 64 lettere scambiate tra noi due. A questo flusso di comunicazioni vanno aggiunte le conversazioni telefoniche, le visite e i viaggi.

Negli anni Ottanta ci scambiavamo poche comunicazioni, circa tre volte l’anno. Temo che l’allievo stesse già correndo da solo. La verità è che mi sono dedicato alle mie indagini con Miguel Guasp e Juan A. Fernández Peris che, francamente, non sono state cose da poco, oltre a svolgere molto lavoro sul campo e indagini di testimoni, saggi metodologici, progetti vari e un altro libro, come si può vedere nella mia bibliografia.

L’enorme divario degli Anni ’90 ha una spiegazione semplice: ho investito più di dieci anni nell’obiettivo di ottenere la declassificazione dei file UFO dell’aeronautica spagnola, prima promuovendo la loro declassificazione, poi promuovendo la centralizzazione dei file e quindi collaborando al processo (su richiesta dell’Aeronautica stessa).

Insieme a Joan Plana, ho approfittato di questa opportunità per, in due distinte occasioni, chiedere a tutte le unità dell’Aeronautica qualsiasi informazione sugli UFO di cui fossero a conoscenza. E, soprattutto, mi sono assicurato che tutto ciò che avevano fosse declassificato, fino all’ultima pagina. Pertanto, in quel lungo periodo fino al 1999 ho abbandonato altre questioni e ho trascurato quelle persone che non avevano alcun rapporto diretto con il mio scopo.

Per me le lettere – anche se oggi con il passare del tempo possono essere considerate documenti “storici” – non sono letteratura ma piuttosto contenitori di dati. Per questo motivo di solito conservo quelli che si riferiscono a casi specifici nei fascicoli corrispondenti, non nelle singole cartelle della corrispondenza. Ciò spiega l’assenza di tanti originali di Ribera nel mio archivio epistolare. Quei documenti sono sparsi nei fascicoli dei casi. Per fortuna, abbiamo almeno le copie carbone dell’archivio personale di Antonio.

Infine, mi fa particolarmente piacere constatare che forse l’ultima foto che Antonio Ribera ha scattato con i suoi colleghi di ufologia è stata con me e Marcos Antonio Benítez Campillo, nell’aprile del 2001, appena cinque mesi prima della sua morte. Sarà un ricordo indelebile.

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Il libro “Mi correspondencia con Antonio Ribera” è pubblicato dalle Edizioni Upiar e può essere acquistato sulla libreria on line Upiar Store (692 pagine, formato A4, illustrato).

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