Le regole dell’ufologia

I CONSIGLI DI UN ESPERTO PER AFFRONTARE LA CASISTICA CON SERIETÀ ED ENTUSIASMO


DI JENNY RANDLES

Le celebrazioni per il 50° anniversario dell’enigma UFO ricordano a me stessa che sono ormai 25 anni che indago sugli UFO in Gran Bretagna. Sebbene si dica che l’età porta saggezza, mi chiedo se questo valga anche per il tempo da me dedicato all’ufologia.

C’era un tempo nel quale cercavo di ispirarmi ai "veterani" di questa disciplina: persone come Hynek e Vallee mi hanno guidato attraverso quello che, ai nuovi venuti, può apparire un vero e proprio campo minato. Ora invece ricevo lettere da una nuova generazione di appassionati UFO, i quali sperano che possa essere io fonte di loro ispirazione, ma la realtà ufologica è assai diversa da quella che incontrai per la prima volta nel 1972.

La nuova banda di acchiappaufo mi sembra altrettanto infatuata dall’ipotesi extraterrestre - nonostante le ovvie difficoltà che questa ipotesi presenta - quanto lo erano le precedenti generazioni. Tra una massa di teorie cospirative fatte ingoiare a forza tutti i giorni dalla TV, e gli enormi compensi monetari per coloro i quali propagandano "grigi", cover-up, e astronavi precipitate, non c’è mai stato un incentivo così pressante a non pensare in termini obiettivi agli UFO. Anzi, farlo è quasi diventato una condizione sfavorevole.

A causa di questo, il nostro campo di studi è in crisi, e non penso che si tratti di un’affermazione esagerata. Mentre sto scrivendo, un produttore televisivo mi ha appena chiamato per chiedermi di argomentare - a nome degli ufologi - in favore dell’idea che gli atterraggi sulla Luna - uno dei più grandi successi tecnici nella storia dell’umanità - non si siano mai verificati. "Ma sono avvenuti!", ho protestato, "e per di più - ho aggiunto subito - non conosco nessun ufologo in buona fede che creda seriamente il contrario".

"Contenta lei, qualsiasi vecchio fanatico sarà disposto a fare le sue veci", sembrava il nocciolo della replica. Mi chiedo quanti sarebbero stati tentati di prendere l’assegno sventolato di fronte a loro, di straparlare incoerentemente di fronte ad una telecamera, e di afferrare quei pochi minuti di fama senza interrogarsi sulle ripercussioni. Dopotutto, in un gioco come questo, chi è che perde?

La risposta, ovviamente, è: l’integrità, la principale vittima dell’era UFO attuale. Già, perché cose di questo genere succedono di continuo in questi nostri anni ’90. L’ufologia è un’arma talmente utile nella guerra degli ascolti televisivi, che per molti produttori è diventata un interesse personale. Risultato: noi ufologi abbiamo perso il controllo del nostro fenomeno.

Tramite operazioni affaristiche (alcune più simili a imbrogli che ad altro) che conquistano i titoli dei giornali, l’ufologia è stata abbandonata nelle mani di uffici stampa, produttori dello show business, organizzatori di programmi televisivi, ed agenzie di assicurazioni, nessuno dei quali promuove ricerche serie. Compaiono regolarmente storie di UFO nelle quali la stampa non si sogna neppure di interpellare un vero ufologo per fornire una visione più equilibrata. Alcuni giornali, incapaci di ottenere un babbeo pronto a sproloquiare a dovere, si sono persino inventati degli ufologi fittizi!

Nelle rare occasioni in cui i media cercano di essere obiettivi, rischiano azioni legali da parte di coloro i quali propagandano gli aspetti più estremistici del fenomeno UFO (lo so per esperienza personale). Perfino i ricercatori più seri devono chiedersi se sia meglio stare al gioco (e prendere i soldi) oppure scrivere per un’elemosina di compenso, disprezzato dai propri simili, trascinato in tribunale, e liquidato dai media e dal pubblico come "un altro di quei mentecatti".

I ricercatori UFO seri sono diventati una specie a rischio di estinzione. Ciononostante, anche tra le generazioni più giovani vi sono persone che credono che la ricerca ufologica seria sia un’attività degna di essere portata avanti, ed è proprio a loro che offro alcune regole preziose che ho imparato da centinaia di indagini sul campo.

Regola numero 1: se non risolvete almeno nove casi su dieci state sbagliando qualcosa

E’ una verità generalmente riconosciuta, e raramente messa in discussione, che il 90-95% di tutti gli avvistamenti UFO abbiano una spiegazione razionale. Diventano così IFO (oggetti volanti identificati) dopo approfondita indagine. Sebbene la maggioranza degli ufologi accettino questa come una regola basata sull’esperienza, sono pochi gli investigatori che si comportano come se ci credessero veramente.

Nel 1989 stavo tenendo una conferenza a Dallas nel Texas, di fronte a un uditorio sbalordito, cresciuto tra "grigi" e MJ-12, che difficilmente si aspettava quello che avevo da offrire. Probabilmente il mio deve essere sembrato una sorta di scetticismo ostile. Dopo aver lasciato l’albergo, mentre stavo camminando nel centro cittadino, vidi quella notte in cielo un fenomeno straordinario: tre luci ovali roteanti, che sembravano pulsare e danzare a mezz’aria. Fissai affascinata il fenomeno, ma mi accorsi che nessuno dei miei accompagnatori batteva ciglio. Doveva evidentemente essere qualcosa che conoscevano.

Si trattava, all’epoca, di una novità: un fascio laser, controllato dal computer, proiettato sulla parte inferiore delle nubi così da creare degli ovali danzanti. Non ci voleva molto per prevedere che per uno sprovveduto questo sarebbe stato il carrello treppiede d’atterraggio di un ricognitore adamskiano, oppure le luci ai vertici di uno degli UFO triangolari oggi di moda.

Due anni dopo, una marea di segnalazioni telefoniche sommerse il nostro gruppo ufologico di Manchester. Un sacco di persone lungo le Pennine roads, vicino a Huddersfield, nel West Yorkshire, vide strane cose ad occidente. Venivano descritte come triangoli di luci danzanti. Pensavano che si trattasse di UFO, e la polizia, altrettanto perplessa, non dava loro ragione di ritenere altrimenti. Inutile dire che la notizia fece squillare un campanello d’allarme dentro di me. La notte successiva, alla stessa ora, rimasi per un po’ nel giardino della mia casa a Stockport. Si vedevano, in direzione nord, le luci danzanti. Erano piuttosto distanti, come a Dallas non erano sulla verticale, ma i miei sospetti si rivelarono corretti: l’UFO era un fascio laser. Compresi che questi fasci sono così potenti, che possono essere visti fino a 60 chilometri di distanza. Se visti da un angolo obliquo, in una città lontana dal posto in cui si trovano i proiettori, con ogni probabilità nessuno dei testimoni UFO locali riuscirà a capire di cosa si tratta.

La morale è che gli inquirenti UFO devono famigliarizzare con le ultime tecnologie, leggendo giornali scientifici e periodici di aviazione. Questi ultimi sono importanti poiché sempre più spesso gli UFO risultano poi essere misinterpretazioni di oggetti inusuali, come dirigibili, drone telecomandati e aeroplani di nuova concezione a tecnologia sofisticata. Per eliminarli l’ufologo deve prima essere in grado di identificarli.

Regola numero 2: più testimoni ci sono, meno è probabile che si tratti di un vero UFO

A prima vista questa sembra un’idea ridicola. Senza ombra di dubbio, più testimoni abbiamo di un avvistamento, maggiori sono le prove, no? Sfortunatamente, l’esperienza insegna altrimenti. I veri UFO - e io sono convinta che dietro alcuni avvistamenti ci siano fenomeni genuinamente nuovi - tendono ad essere eventi alquanto isolati. Ho fatto questa scoperta in uno dei primi casi da me indagati.

Teatro della scena era Oldham, che ora è ritenuta una delle più grandi "aree finestra" della Gran Bretagna. Era l’ottobre del 1972, e la località era Cairo Mill. Uno strano oggetto, simile a una cupola blu dotata di montanti, venne visto librarsi quasi sulla verticale di un edificio. Uno dei guardiani ebbe modo di osservarlo chiaramente, mentre pare che l’altro, distante solo pochi metri e situato in una posizione tale da poter vedere l’oggetto, non abbia notato assolutamente nulla.

Era semplicemente distratto? Non credo. Ritengo anche che molti altri casi come questo dimostrino che gli UFO appaiano all’interno di una ben definita "sfera di influenza". Se questa sia uno spazio fisico determinato dal fenomeno oppure uno spazio psichico determinato in qualche modo dal testimone, resta ancora da capire. Ciò che è chiaro è che il secondo guardiano vide nulla perché non c’era nulla da vedere, nulla da vedere per lui. Se mezza Oldham avesse visto questo (tuttora irrisolto) incontro ravvicinato, non sarei più impressionata. Al contrario, questo mi convincerebbe che c’era una spiegazione IFO. Potrebbe sembrare paradossale, ma l’esperienza dimostra che quando si verificano avvistamenti di massa, in apparente violazione del processo di "sfera d’influenza", è probabile che si rivelino essere IFO piuttosto che UFO.

Il 31 dicembre 1978 abbiamo avuto letteralmente migliaia di testimoni, relativi ad avvistamenti nel nord Europa, di una scia di luci spesso descritte come finestrini di un oggetto sigariforme. In seguito alle segnalazioni di un ipotetico aereo precipitato, furono chiamati i vigili del fuoco. Ho raccolto personalmente 100 rapporti dai testimoni più vari: dai controllori di traffico aereo agli ufficiali di polizia, dalle casalinghe a chi stava festeggiando il Capodanno.

Questo avvistamento di massa si verificò in un’area così ampia e ad un’ora così circoscritta (circa le 19.05), che una cosa fu immediatamente chiara: di qualunque oggetto si trattasse, doveva trovarsi ad un quota elevatissima. Le descrizioni testimoniali che parlavano di un velivolo delle dimensioni di un aereo di linea ad una quota di forse 3.000 metri, dovevano essere errate. L’oggetto occupava diversi chilometri di cielo, ed era almeno venti volte più in alto della quota stimata.

In questa circostanza sappiamo con certezza che i testimoni videro lo spettacolare rientro nell’alta atmosfera del razzo vettore incandescente di un satellite della classe Cosmos, lanciato in Russia pochi giorni prima. I frammenti metallici, consumati dal calore prodotto dall’attrito, formavano una catena di detriti lunga diversi chilometri. I "finestrini" sul lato del "velivolo sigariforme" erano semplici illusioni ottiche prodotte dalla tendenza dei testimoni a - non solo metaforicamente - unire i punti, nell’assunzione comprensibile, ma in questo caso totalmente erronea, che quello avvistato fosse un singolo oggetto vicino al terreno.

Ogni avvistamento UFO è filtrato attraverso la percezione umana, con tutte le possibilità di distorsione che questo comporta. Ed è solamente l’inizio: l’avvistamento deve poi subire il trattamento delle nostre credenze, delle nostre aspettative e dei nostri timori. Quando il testimone racconta la sua storia all’inquirente, è possibile che abbia già inconsciamente trasformato l’esperienza originale.

Regola numero 3: mai dire mai

Non tutti i casi UFO si riescono a spiegare nel giro di pochi giorni. Una soluzione definitiva può richiedere degli anni, se non dei decenni. E’ importante ricordare che, sebbene tutti gli UFO siano potenziali IFO, non è possibile provare che una cosa sia un UFO. Quest’ultima è semplicemente una categoria nella quale si inserisce un avvistamento enigmatico, nell’attesa di possibili ulteriori sviluppi.

Un clamoroso esempio recente è quello della straordinaria fotografia scattata da uno scienziato a Williamette Pass, Oregon, nel 1966. In essa si vede l’immagine triplicata di un oggetto discoidale che si leva da una foresta imbiancata di neve. Sembra addirittura di vedere un pennacchio di neve aspirato dalla parte inferiore dell’oggetto. Per 30 anni questo caso è stato tenuto nella massima considerazione: un testimone credibile, una fotografia diurna che aggirava qualsiasi tentativo di spiegazione, e in più quella che pareva essere la manifestazione di una nuova fisica, con l’oggetto pulsante dentro e fuori la nostra realtà così da creare tre immagini distinte durante la frazione di secondo in cui rimaneva aperto l’otturatore della macchina fotografica.

Solo che non di questo si trattava. Una brillante indagine condotta da Irvin Wieder, seguita da una ricostruzione sul campo dell’accaduto, ha portato a una spiegazione che nessuno si era sognato di prevedere. L’UFO non era nient’altro che un segnale stradale fotografato da un auto in movimento: l’offuscamento prodotto dal moto aveva distorto irrimediabilmente l’immagine. Questa conclusione, per quanto clamorosamente terra terra, sarebbe stata irraggiungibile se non fosse per la perseveranza di Wieder.

Questo caso fornisce dunque un perfetto esempio di come, parlando di ricerca delle spiegazioni, non si dovrebbe mai dire mai.

Regola numero 4: la prima mano è l’unica mano

Molti di noi hanno dei casi preferiti. Casi dei quali abbiamo letto su libri, forse per anni. Casi che giudichiamo posseggano quella qualità che ci convince della realtà UFO.

Uno dei più citati è l’affare di Lakenheath/Bentwaters dell’agosto 1956. Non si sapeva nulla di questo avvistamento fino a quando, per caso, è emerso durante l’investigazione UFO condotta - con fondi governativi - nel 1968 dall’Università del Colorado.

Secondo la versione comunemente accettata, quello che si verificò fu l’individuazione, in una notte di agosto, di strani bersagli su uno schermo radar nell’East Anglia. Si muovevano in modo insolito e furono anche segnalati visualmente vicino alla base USAF di Bentwaters, dove un testimone alla torre di controllo vide, guardando in alto, una luce. Inoltre, un aereo da trasporto USAF osservò una massa gialla volare sotto di lui. Il bersaglio radarico fu segnalato muoversi lentamente in direzione ovest, verso Lakenheath, finendo per essere rilevato anche da quest’ultima base. Poco dopo, due caccia notturni Venom partirono in scramble, da Waterbeach, all’inseguimento degli obiettivi. Secondo la versione americana, si trattava di reattori monoposto. Uno dovette ritornare alla base per un’avaria, mentre l’altro riuscì ad agganciare (lock-on) il segnale radar, riferendo di aver individuato il più nitido bersaglio mai visto, e che nel tentativo di avvicinarsi all’UFO, questi saltò dalla parte anteriore a quella posteriore dell’aereo. Dopo aver giocato per un po’ come il gatto col topo, il pilota, a corto di carburante, fece ritorno alla base.

In seguito, venne allo scoperto il capo squadriglia, Freddie Wimbledon, confermando di aver deciso il decollo per l’intercettazione dei Venom, e corroborando quindi l’intera storia.

Le cose sarebbero rimaste a questo stadio per sempre, se non fosse che all’inizio del 1996 mi capitò di girare un documentario televisivo sugli archivi ufologici del governo inglese. Con un po’ di fortuna, e grazie all’aiuto della BBC, rintracciai gli equipaggi di entrambi i Venom. I piloti furono disponibili a parlare apertamente e senza riserve . Fu così che scoprii che la versione americana degli eventi era errata sotto diversi punti di vista.

In primo luogo, entrambi gli aerei avevano sia un pilota che un navigatore. Ho avuto modo di parlare personalmente con tre membri su quattro degli’equipaggi (il quarto emigrò alcuni anni fa). Tutti e due gli equipaggi avevano conservato i diari di volo, così siamo stati in grado di ricostruire accuratamente gli avvenimenti. Nessuno dei testimoni sospettava che il caso fosse diventato un incidente di rilievo nella storia ufologica, poiché, contrariamente alla credenza popolare, essi non videro alcun UFO quella notte! E nessuno conosceva Freddie Wimbledon, sebbene tutti concordarono che egli avrebbe potuto benissimo ordinare lo scramble senza che essi fossero a conoscenza della sua identità. Le loro comunicazioni di quella notte avvenirono perlopiù con gli americani che li stavano dirigendo verso i bersagli radar precedentemente rilevati.

I tre ammettono che l’incidente rimane nella loro memoria come una cosa strana. Fu la sola volta nella quale partirono in scramble sopra la terraferma ad una quota così bassa (sotto i 1.500 metri). In tutte le altre occasioni il radar aveva rilevato possibili intrusi sulla verticale del Mar del Nord, ed il loro compito era quello di intercettarli prima che raggiungessero la Gran Bretagna. Non erano abituati a sentirsi chiedere di volare tra Lakenheath e Ely per cercare qualcosa di non identificato ad una quota così bassa.

Sebbene essi rilevarono l’UFO sul radar, questo non era "il bersaglio più nitido mai avuto". Non avvenne nessun inseguimento al gatto col topo. E neppure l’oggetto balzò improvvisamente da prua a poppa dell’aereo. Mi dissero invece che seguirono un bersaglio stazionario che parve rimanere fermo del tutto durante la loro investigazione. Questo era il problema. Cielo buio, e solo una eco radar a guidarli. Chiesi se avrebbe potuto trattarsi di un pallone meteorologico invisibile nell’oscurità. Convenirono che poteva anche essere; la loro opinione che non di questo si trattasse era almeno parzialmente dovuta all’eccitazione del personale USAF col quale stavano comunicando.

Ancora adesso, è ovvio, non conosco la risposta al caso dell’agosto 1956. Probabilmente non la conosceremo mai. Ma è chiaro che l’elevata considerazione attribuita all’avvistamento è almeno in parte motivata dal presunto balletto aereo tra i Venom della RAF e l’UFO. La storia sembra essere stata seriamente sopravvalutata. Forse i tre uomini incontrarono realmente un UFO, ma sulla base di quello che mi dissero, non possiamo nemmeno scartare l’idea che abbiano inseguito un pallone meteorologico.

Regola numero 5: la storia è del testimone, non vostra.

Il caso Alan Godfrey del novembre 1980 è uno dei più noti esempi inglesi di presunto rapimento alieno. In qualità di ufficiale di polizia nel West Yorkshire, una fredda notte intorno alle 5 di mattina, stava andando a cercare del bestiame smarrito, quando ebbe la ventura di imbattersi in un grande oggetto posto di traverso sulla strada. Era come una trottola, la cui violenta rotazione faceva agitare le fronde degli alberi e i cespugli. La superficie bagnata della strada risultava asciugata laddove si librava l’UFO.

Non ho praticamente alcun dubbio che Godfrey abbia realmente visto qualcosa di notevole quella notte, sebbene lasci aperta la questione se si trattasse di un velivolo artificiale, che avrebbe risuonato una volta colpito con un sasso, oppure una qualche forma di energia atmosferica rotante come un tornado.

L’idea che si trattasse di un’astronave ritengo sia stata prodotta non tanto dal testimone, quanto dai media e dal suo contatto con l’ufologia. Infatti, se analizzate attentamente i casi di incontri ravvicinati, scoprirete quanto spesso il medesimo preoccupante scenario possa essere vero. Noi ufologi serviamo da architetti della realtà UFO.

Certo, Alan Godfrey ha sofferto di un "battito di ciglio mnemonico". Un momento stava guardando l’oggetto, e in quello successivo l’oggetto se ne era andato, il cielo era buio, e lui sembrava essere in una posizione diversa della strada. C’è stato un lasso di tempo durante il quale è stato rapito dagli alieni? Questa è la credenza di molti degli ufologi più strettamente coinvolti col caso, ed è emersa da una sopralluogo condotto dagli investigatori.

Non sto assolutamente dicendo che qualcuno abbia inventato un buco temporale, o abbia costretto Godfrey ad accettarne uno. Non funziona in questo modo. Il processo d’indagine è assai più sottile, operando a livello di interazione del subconscio. Io però ho delle riserve sul fatto che vi sia un tempo mancante da spiegare. E comunque, nella migliore delle stime, sarebbe durato circa 15 minuti: sospetto che se voi vedeste un UFO alle 5 di mattina, potreste anche smarrire 15 minuti senza bisogno di invocare un rapimento da parte degli alieni.

Tuttavia, una volta accettato da Godfrey che ci sia stato un buco temporale, la possibilità di un rapimento alieno è venuta di conseguenza. Godfrey mi disse che durante i sei mesi trascorsi tra il suo avvistamento e le sessioni di regressione ipnotica, egli lesse libri su UFO e alieni, e non poteva essere certo che i suoi ricordi sotto ipnosi non fossero stati stimolate in questo modo. Pur rimanendo convinto di aver visto un vero UFO sulla strada, sullo status dei suoi ricordi del rapimento mi è sempre parso meno sicuro.

E’ possibile che Alan Godfrey sia stato rapito. So che veri rapimenti (qualunque sia la loro spiegazione definitiva) si verificano, e sarebbe follia respingere questo caso come un possibile candidato. Però abbiamo il dovere di considerare le possibilità alternative. Supponete per un momento che non ci sia stato alcun tempo mancante; che Godfrey abbia battuto ciglio e che l’UFO sia scomparso, o che egli non ricordi di aver percorso i cento metri o giù di lì verso l’oggetto. Se così è, che dire del suo ricordo apparente di essere rapito e portato all’interno di una strana stanza da un alieno dalla grande barba, di nome Yosef, da un grosso cane nero, e da alcuni piccoli robot fischiettanti?

E’ difficile commentare tutto questo senza criticare implicitamente il testimone o gli inquirenti. Dobbiamo però affrontare il fatto che il processo di valutazione del racconto di un testimone, e i protocolli di investigazione, possano condurre chiunque venga coinvolto nelle indagini in un esito che può essere già stato predeterminato, inconsciamente, dalla comunità ufologica.

Regola numero 6: scavate in profondità

Seguire fedelmente il consiglio precedente non significa che la testimonianza debba essere accettata ciecamente. Quale dovrebbe essere però il nostro orientamento quando, pur affermando il testimone di non aver sofferto di un tempo mancante e pur non avendo alcun desiderio di far emergere una memoria di rapimento scomparsa, il caso vi lascia con l’impressione che dietro ci sia di più di quello che appare?

Prendete il caso di Jim Templetonl, il vigile del fuoco di Carlisle, che nel maggio del 1964 scattò un’enigmatica fotografia. Nonostante l’avessi vista innumerevoli volte in libri e riviste, non sapevo quasi nulla del fatto poiché gli ufologi non lo avevano investigato, essendosi semplicemente limitati ad innamorarsi della bizzarra foto e a tappezzare con essa le proprie pareti.

Templeton si trovava alla palude di Burgh Marsh con la propria moglie e con due figlie per un picnic domenicale, durante il quale aveva preso foto a colori della sua figlia più piccola. Dopo lo sviluppo, una foto era risultata rovinata da quello che sembrava essere un uomo in una tuta spaziale bianca che fluttuava dietro la testa di Elizabeth.

Ho così cominciato a dare la caccia a Templeton. Sono stata fortunata poiché, pur essendo trascorsi circa 30 anni dall’avvistamento, sono riuscita a rintracciarlo. Abbiamo avuto diverse conversazioni telefoniche e ho poi fatto visita a lui e alla moglie per ascoltare i loro ricordi. Ben presto disponevo di informazioni sul caso che prima neanche mi sarei sognata.

Tanto per cominciare ho scoperto che i Templeton hanno avuto visite da parte di Uomini in Nero. Ovviamente, né Jim, né la moglie li hanno chiamati così. La loro conoscenza di UFO era minima. I due uomini in abiti scuri hanno affermato di essere del governo ed hanno trattato Jim nel modo tipicamente ridicolo dei MIB, usando numeri invece che nomi, e cercando con fare intimidatorio di convincerlo ad accettare una spiegazione convenzionale. Hanno anche posto domande oscure che, nella terminologia ufologica di oggi, erano piuttosto sofisticate. Nella loro indagine sul caso, hanno finito per irritarsi così tanto alle sue repliche da fare ritorno sulla loro grande Jaguar nera abbandonandolo a piedi alla palude, con un lungo pezzo di strada che lo separava da casa.

E’ emerso anche dell’altro. Ho scoperto che Templeton aveva subito la visita del Ministero della Difesa il quale gli confiscò le diapositive da lui in seguito scattate sul luogo incriminato. Sembra che egli si trovasse in una zona dove venivano costruiti razzi spaziali inglesi. Sembra anche che a pochi giorni di distanza dal suo avvistamento, presso il sito di lancio di uno di questi razzi (Woomera in Australia), sia stato ripreso un UFO da una delle telecamere che dovevano filmare il lancio.

Quella che era cominciata come l’indagine di una singola foto enigmatica, mi ha condotto in un percorso esplorativo che sto ancora portando avanti oggi. La morale è, non credete mai che in un caso ci sia solo ciò che appare in superficie. Preparatevi a scavare in profondità.

PER FINIRE, BUON LAVORO

Non pretendo certo che seguendo questi principi tutti i problemi che affliggono la ricerca ufologica improvvisamente scompaiano. Posso solo dire che le ho personalmente trovate valide linee guida da seguire. Mi hanno aiutato a vedere che dietro alle illusioni dell’ufologia come è comunemente percepita, c’è un fenomeno assai meritevole di essere studiato. Ma per giungere a quel punto dobbiamo prima disimparare una certa dose di cose che siamo stati condizionati a credere durante gli anni della nostra formazione.

Grazie al cielo non c’è modo migliore di fare questo che lavorare sul campo inchiestando avvistamenti UFO. Questa è la miglior iniezione di realismo che si possa avere. In un mondo saturato dai media come quello di oggi, trovare avvistamenti UFO è una cosa davvero alla portata di tutti. La parte più difficile viene quando cominciate ad investigarli, e a cercare di capire quello che significano.


[© 1998 CISU - tratto da UFO - Rivista di informazione ufologica del Centro Italiano Studi Ufologici n. 21, novembre 1998]


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